Revista de Ciencias Humanas y Sociales
© 2022. Universidad del Zulia
ISSN 1012-1587/ ISSNe: 2477-9385
Depósito legal pp. 198402ZU45
Portada: S/T. De la serie “RETORNO”
*La obra que se publica es un fragmento del original, y se le ha dado
un giro de 180° por motivos editoriales. Su original va en horizontal
Artista: Rodrigo Pirela
Medidas: 40 x 70 cm
Técnica: Mixta sobre tela
Año: 2009
Año 38, Especial No. 30 (2022): 112-131
ISSN 1012-1587/ISSNe: 2477-9385
DOI: https://doi.org/10.5281/zenodo.7527530
Recibido: 12-04-2022 Aceptado: 14-06-2022
La valenza dell’insegnamento delle Arti Visive in
tempi di criticità
Donatella Giagnacovo
Università degli studi dell’Aquila, Italy
ORCID: 0000-0002-9265-5834
donatella.giagnacovo@univaq.it
Riassunto
L’articolo è memoria di un’esperienza didattica rivoluzionaria.
L’insegnamento a distanza ha modificato procedure consolidate
deragliando bruscamente verso una trasmissione didattica sconosciuta ai
più che pur ha dovuto essere fattiva e rispettosa del contesto e delle reali
esigenze rilevate. Fare scuola senza scuola. Scuola intesa come spazio non
solo reale ma luogo di azioni quotidiane specifiche, organizzate in ambiti
diversificati con ruoli distinti e regole evidenti e condivise. Ne consegue
che la scuola si è dovuta reinventare, utilizzando linguaggi digitali, spazi
virtuali, nuove metodiche che hanno permesso di mantenere al centro
l’individuo studente risultato, fra tutti, il più fragile e disorientato.
Parole chiave: didattica; arti visive; laboratorio artistico; generi
artistici; DAD.
The value of teaching the Visual Arts in critical times
Abstract
The following text, starting from the undisputed value of the
artistic and expressive training in the learning process, referring also to
the Italian school structure and through a vertical development, analyses
how the online teaching system, caused by the COVID-19, has inevitably
changed the educational procedure. In this context, active learning in the
artistic field, which has rooted in its own nature to apply open methods
of teaching (like strategies tightly linked at the Circle Time, Cooperative
Learning and Peer Education), showed all its value, offering the real
possibility for the students to be the center of the formative action inside
the process of cognitive learning that never actually stopped.
Keywords: didactics; visual arts; artistic laboratory; artistic genres;
DAD.
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1.INTRODUZIONE
La produzione artistica immensa, che è raccolta nella memoria
storica di qualsiasi paese del mondo, ci restituisce immediatamente la
consapevolezza di come l’Arte da sempre accompagni l’evoluzione
dell’umanità. Basterebbe già questa riflessione iniziale per capire come
l’Arte sia ancor prima che espressione superiore del soggetto individuo,
esigenza primaria dell’essere. Sintesi di emozione, pensiero ed azione, che
inevitabilmente genera nuovi stati emotivo-relazionali, attraversa, quasi
illesa, nella sua essenza generatrice, vicissitudini e criticità di questa
fragile umanità.
Gli avvenimenti di questa contemporaneità: la pandemia globale
causata dalla diffusione del Covid-19, la guerra tra Ucraina e Russia
insieme a tutti i conflitti ancora irrisolti nel mondo, gli esodi da numeri
biblici, il terrore di imminenti carestie, crisi economiche globali, catastrofi
naturali causate anche dall’incuria umana, di certo non ci restituiscono
anni di serena e pacifica quotidianità. La sofferenza profonda di questi
nostri tempi ci paralizza in una immobilità quasi cristallizzata, la cui
fragilità non è sufficiente neanche, a volte, a lenire le ferite. Eppure,
l’individuo donna/uomo ha, nel suo intimo e prezioso DNA, impresso
l’inevitabile istinto alla sopravvivenza, inteso non soltanto come la
facoltà di salvaguardare le nostre attitudini di base che ci permettono di
rimanere in vita, ma come capacità di ritrovare, anche attraverso l’atto
creativo, nuova linfa per vivere in salute.
L’ Arte fa bene. Fa bene praticarla e condividerla. Quanti artisti
hanno donato un loro gesto creativo, magari collegati in video suonando
insieme, leggendo pagine di preziosa letteratura, proponendo happening
collettivi, azioni performative in momenti di distanziamento, di
isolamento forzato, generando collante di senso, restituendo attraverso
un semplice suono, una parola scritta o evocata, un movimento, un gesto
grafico, la vera essenza dell’essere consapevolmente individuo.
È l’eterna forza dell’arte, è quella che non perde mai il desiderio di
ricominciare, anche quando tutto il resto sembra essere ormai spacciato.
Non priva di rischio verso deragliamenti sterili, si pensa che l’arte debba
intraprendere una strada verso il perbenismo, diventare moralmente
selettiva. Il timore è che vengano raccontate solamente storie edificanti
rigettando il male. L’arte, invece, incarna i fantasmi epocali, portando con
le grandi contraddizioni che da sempre animano l’uomo
(RADIOIULM.IT, 2020).
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2. BASI TEORICHE - PRIORITÀ DELLA FORMAZIONE
ARTISTICO-VISIVA NEL PROCESSO DI APPRENDIMENTO
Accanto agli artisti che praticano e ci rendono partecipi della loro
capacità espressivo- creativa deve però diffondersi, con ancora maggior
consapevolezza, la formazione e la diffusione dell’educazione alle Arti
come presupposto per arginare le degenerazioni sociali. Anche riflettere
sulla funzione estetica dell’arte visiva che nel corso dei secoli ha
attraversato diversi significati, può chiarirci il senso dell’esperienza
estetica dell’arte.
Sin dall’inizio del ‘900(…) ci si accorge che molti aspetti peculiari
dell’arte non possono essere compresi nella categoria della bellezza e
dell’emozione suscitata dalle opere. Identificare dunque l’esperienza
estetica con la bellezza e l’emozione (elementi soggettivi) appare
riduttivo.(…) L’osservatore che esperisce esteticamente l’oggetto riceve
nella fruizione un coinvolgimento soggettivo collegato a sua volta a quella
che Gombrich (tr.it.1985) definisce la “suprema capacità di appello”
dell’immagine (oggetto artistico); la quale “non si limita alle immagini di
oggetti precisi (perchè) anche le configurazioni astratte di forme e colori
hanno il potere di influire sulle nostre emozioni (SCIOLLA, 1989, P. 9-
10).
Ma trasmettere la bellezza, che non è ricerca di un’estetica fine a se
stessa, ma la capacità di riconoscere ciò che garantisce l’inarrestabile
evoluzione umana, è un compito al quale la società attuale non può e non
deve sottrarsi. Anche e soprattutto quando sembrano minate le
ragionevolezze, le certezze acquisite, le consapevolezze ereditate e
persino le innovazioni scientifiche volte ad un reale sviluppo comune, ad
un miglioramento delle vite di tutti. L’arte visiva, nello specifico, è da
sempre polmone per ampi respiri e occhi per visioni immaginifiche che ci
consentono di passare oltre, di andare avanti pur sottoponendoci
contraddittori, la cui analisi critica inevitabilmente ci rinforza.
La realtà odierna stimola la percezione visiva in proporzioni
esponenziali rispetto a quanto accadeva dieci, venti, trenta anni fa. La
comunicazione visiva, supportata dall’evoluzione del digitale, sia negli
strumenti, sia nelle applicazioni, ha modificato drasticamente le modalità
comunicative nel sociale. I nuovi cartoni animati, le trasmissioni dedicate,
gli spazi ludici, ma anche i paesaggi urbani, le stesse abitazioni, sono
intrisi di forme evolute, che reclamano un’attenzione all’attualità (…)
La comunicazione visiva è contenitore di contenuti che generano
a loro volta vasi comunicanti che pur evolvendosi da autonome strutture
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cognitive, consolidano sempre più nuovi ed efficaci ambiti comunicativi.
L’opera d’arte, intesa come unicum, attraverso linguaggi molteplici, dal
segno, alla pittura, alla fotografia, alla scultura, alle installazioni, alle
performance, ai video, alle contaminazioni digitali, riflette sempre e
comunque la valenza ad essa assegnata dall’artista che la genera e dalla
società che la riconosce come tale, accogliendola, pur attraverso una
analisi critica, consacrandola al suo stesso ruolo.
La comunicazione pubblicitaria per immagini, attraverso
strumenti e mezzi ormai tecnologicamente avanzati che irrompe nella
nostra quotidianità, dalla televisione, dai cellulari, dai monitor dei nostri
pc, da megaschermi collocati in strategici siti urbani, risponde alla
necessità di imporsi, in una corsa estenuante, con prodotti il cui
affermarsi crea mercato, economia, lavoro. La società inevitabilmente la
recepisce, la subisce, generando a sua volta nuovi orientamenti.
La comunicazione informativa ha inventato mappe, simboli, loghi,
app, emoticons visibili nei display dei tablet, degli smartphone tascabili o
da polso che, percepiti dalla collettività, regolano e trasmettono
rapidamente informazioni utili agli utenti. La società dei nativi digitali,
degli internauti ma anche quella degli immigrati o tardivi digitali, ha
accolto le nuove simbologie sostituendole ad espressioni, stati d’animo,
affermazioni e negazioni, riducendo di fatto la propria capacità dialettica
a favore di una frenetica attività comunicativa che assolve
nell’immediatezza la sua efficacia.
La comunicazione a favore dell’intrattenimento nei video giochi,
leciti o vietati, nelle saghe televisive, cinematografiche, sulle piattaforme
social, ci proietta in mondi paralleli, lontani ed irreali abitati da mutanti
che superano dogmi, annientando i limiti dello spazio e del tempo.
Frequentati con assiduità e morbosa attenzione da intere generazioni,
trasportate da entusiasmi ed ossessioni, che si allontanò da se stessi ancor
prima che dagli altri, in un isolamento diffuso che proietta la socie
verso oscure derive.
Preoccupa l’assuefazione, la disponibilità smisurata del tutto e
subito, offerto magistralmente da patinate ed accattivanti o al contrario
mostruose e raccapriccianti tentazioni. Ci si limita, inconsapevolmente,
nel dialogo, nella riflessione, nel pensiero, nella pausa. Si riduce
l’immaginazione, annientando l’io intimo, privato limitando la capacità di
crescere per strutturarsi consapevolmente come individuo libero nella
sua autentici per una società che va necessariamente rinsaldata,
ricostruita. Immagini. Eppure, si tratta di immagini. Punti, linee,
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superfici, colori, solo immagini? Certamente no, ma sicuramente la loro
immediatezza percettiva fa la differenza e la fa da quando un
lontanissimo nostro progenitore ha affidato ad un segno, sulle pareti di
una caverna, l’inizio della narrazione della nostra evoluzione
(GIAGNACOVO et al., 2021, p. 102).
3. METODOLOGIA E STRATEGIE OPERATIVE DELLA
DIDATTICA DELLE ARTI VISIVE NELLA SCUOLA
SUPERIORE IN DAD ALL’INTERNO DEL CURRICOLO DI
STUDI DEL LICEO ARTISTICO
La scuola deve essere ponte per trasmissioni ed assimilazione di
linguaggi diversificati non solo verbali ma grafici, pittorici, plastici,
ritmico-musicali, gestuali, perché comprendere permette di elaborare
contenuti che restituiamo attraverso l’azione del comunicare. In tempi di
pandemia globale la scuola ha scoperto, anzi riscoperto le lezioni a
distanza, bisogna infatti tornare indietro, agli anni della Seconda guerra
mondiale per trovare testimonianze analoghe, svolte attraverso la radio.
Le nuove applicazioni tecnologiche hanno permesso di collegarsi, su
piattaforme digitali protette, con intere classi di scuola primaria,
secondaria e con corsi seguiti da grandi numeri di utenti universitari.
Senza voler intraprendere alcuna analisi valutativa dell’esperienze
relative a metodiche attuate in DAD (didattica a distanza) e in DDI
(didattica a distanza integrata) prodotte dalla necessità di poter continuare
l’attività educativo-formativa in tempi di isolamento generalizzato,
causato da una pandemia globale, si registra, nella trasmissione di
contenuti finalizzati ad apprendimenti cognitivi, un evidente aumento
dell’utilizzo di immagini. Anche partendo da una fotografia per
comprendere meglio un testo, o stimolando attraverso la lettura delle
immagini l’analisi di diversificati habitat di conoscenza scientifici,
tecnologici, ma anche emotivi, intimi, privati, la comunicazione visiva ha
mostrato tutta la sua valenza, attirando maggiormente lo studente,
stimolando la sua curiosità, invitandolo all’interazione e quindi alla
partecipazione attiva. L’utilizzo di materiale interattivo, come video, tour
virtuali in 3D, immagini in HD, ha attivato una repentina accelerazione
della metodologia di trasmissione, aprendo la porta ad una didattica
innovativa, processo, che se pur obbligato dalle circostanze, ha di fatto
prodotto un reale svecchiamento ed un’apertura ai nuovi linguaggi
digitali. Diversi gli approcci alla comunicazione visiva in ambito
educativo-formativo.
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La distinzione principalmente va fatta tra l’educare a e l’educare
con. Educare alla comunicazione visiva significa porla al centro delle
procedure di acquisizione e comprensione di conoscenze che, tramite
attività di restituzione, cementificano competenze ed abilità. Educare
con, rende la comunicazione visiva ed il suo bagaglio conoscitivo,
trasversale ad apprendimenti specifici di altre tipologie di sapere. Nella
prima infanzia le immagini hanno un ruolo fondamentale per lo sviluppo
del bambino, poiché rappresentano le cerniere di collegamento con lo
sviluppo del linguaggio e le articolazioni tra idee e concetti (aspetti
ampiamente trattati da Bruner, Ausubel, Vygotskij).
La comunicazione visiva facilita un apprendimento operativo sia
in situazioni di disabilità o fragilità intellettive, sia nei confronti di soggetti
con bisogni educativi speciali, offre una metodologia didattica diretta ad
educare verso comportamenti maturi, inoltre stimola la creatività
promuovendo relazioni tra le esperienze reali e l’immaginazione
favorendo l’elaborazione fantastica: “La creatività non appartiene soltanto
al genio, al talentato ma a ciascun uomo che sia in una condizione
problematica. Il bisogno che ognuno ha di adattarsi all’ambiente
circostante è il primo fattore di creatività” (VIGOTSKY, 1983, p. 11).
Argomento di interesse è quindi educare e formare all’educazione
visiva. Con la consapevolezza che
…la comprensione di un testo visivo come un’immagine
fotografica, un’immagine pubblicitaria, non è mai semplice
atto di intuizione o una pura registrazione estetico- formale,
è invece una elaborazione attiva che richiede al fruitore del
messaggio il possesso di una serie di capacità, come quella
di saper individuare l’emittente, il destinatario, di coglierne
il significato in relazione al contesto, di conoscere le
strutture dei codici (MORO, 1985, p. 47).
Il linguaggio visivo, come quello verbale e scritto, ha un
corrispettivo sviluppo grammaticale costituto di segni correlati da un
sistema di regole basate su leggi percettive e su articolate restituzioni
mentali. Inoltre ogni segno, composto da una forma percepibile, definita
significante ha insito un concetto che definiamo significato. Il significato
può essere connotativo o denotativo ed è strettamente collegato al
contesto. Inoltre il segno prodotto dall’individuo può essere intenzionale,
non intenzionale, motivato. Tra segni intenzionali e motivati, che a volte
accolgono deliberatamente anche la casualità, troviamo la restituzione di
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immagini artistiche per la loro stessa valenza o immagini che
testimoniano, fissandole in una memoria visiva tangibile, opere d’arte
pittoriche, scultoree, architettoniche, installative, performative. Ne deriva
uno spazio agito che nel tempo ha subito trasformazioni, deviazioni,
innovazioni.
Spazio di un divenire che è ambito di ricerca, motivato da analisi
critiche, percorsi formativi, acquisizioni cognitive ed abilità interpretative
nella restituzione, attraverso la realizzazione di manufatti tematici, del
curricolo di studi all’interno dell’Istituzione Liceale Artistica Italiana.
Nella scuola del lockdown, coinciso, per la nostra nazione, con l’inizio
del secondo quadrimestre dell’anno scolastico 2019-2020, che ci ha
rinchiusi obbligatoriamente, all’interno delle nostre abitazioni,
l’insegnamento ha subito lo stravolgimento della normale metodologia
didattica, partendo proprio dalla non fruibilità dello spazio che da
sempre l’ha accolta.
Le nuove tecnologie digitali hanno accelerato il brusco
cambiamento delle relazioni di una comunità dialogante, ritrovatasi di
fatto, nei primi mesi, quasi sempre attraverso iniziative autonome, a
dover individuare nuove e fattive modalità comunicative. I mezzi e gli
strumenti legati al digitale, hanno ovviamente facilitato la connessione
umana, mantenendo costantemente il contatto Docente-Discente anche
se inevitabilmente si sono registrati fenomeni di dispersione scolastica
causati dall’ impossibilità per tutti di accedere concretamente alle nuove
metodiche trasmissive. Dopo i primi smarrimenti, seguiti da entusiasmi e
positive emozioni per essere riusciti comunque a ritrovarsi, se pur a
distanza e attraverso un video, sono emerse nitidamente difficoltà
evidentemente collegate alla fragilità della comunicazione che,
escludendo totalmente la presenza, la fisicità, la gestualità del corpo, ha
irrigidito il canale trasmissivo imponendo l’utilizzo di strategie motivanti
e coinvolgenti. È cambiata la percezione stessa degli individui studenti il
cui ruolo è normalmente circoscritto all’interno di uno spazio condiviso
e fruito che lo definisce. Entrare nelle loro case, nelle zone confort delle
loro camere, ha restituito in video un’utenza fragile, disorientata, messa a
nudo. Difficoltà attentive, mancanza di concentrazione, stanchezza, unite
al senso di solitudine, causato dalla mancanza reale di condivisione di una
quotidianità esperienziale con i propri coetanei che, con il trascorrere del
tempo, si è manifestato sempre con maggior evidenza, hanno messo a
dura prova la validità di un insegnamento che pur doveva essere attuato:
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La scuola si è trovata, all’interno di una prospettiva psicologica ed
educativa dello sviluppo personale e sociale della persona, a interrogarsi
sull’incontro fra le tecnologie digitali e la soggettività. Ma l’introduzione
delle nuove tecnologie all’interno delle pratiche quotidiane del contesto
scolastico sollecita sempre più riflessioni suscitando interrogativi,
resistenze, ripensamenti rispetto al ruolo dell’insegnante e rispetto agli
approcci educativi, intesi come pratiche socioculturali fondate sulla
partecipazione attiva dei diversi attori all’interno di un contesto
(MARTINENG et al., 2017, p.21).
1
Questo appuntamento deve essere
fatto come indicato
4. ANALISI E DISCUSSIONE DEI RISULTATI:
PROGETTUALITÀ E RESTITUZIONE ESPRESSIVA
ATTRAVERSO IL LINGUAGGIO DELLA FOTOGRAFIA
“La vera opera d’arte nasce “dall’artista” in modo misterioso,
enigmatico, mistico. Staccandosi da lui assume una sua personalità, e
diviene un soggetto indipendente con un suo respiro spirituale e una sua
vita concreta. Diventa un aspetto dell’essere” (KANDINSKY, 1989, p.
87). Trasmettere il significato dell’opera d’arte a studenti che si nutrono e
si formano all’interno dell’esperienza artistica testimoniata e praticata
equivale a guidarli attraverso un percorso di crescita non solo cognitivo
ma anche spirituale.
All’insegnante di materie artistiche si può applicare il pensiero di
Bachelard:
Agli altri non si comunica che un orientamento verso il segreto,
senza mai poter “dire” obiettivamente il segreto” Chi potrà mai “dire” il
segreto della sublimità dell’arte di Giotto, di Masaccio, di Michelangelo,
del Caravaggio”? Se si potesse “dire”, se si potesse spiegare, la sublimità
sarebbe imitabile, ripetibile; invece essa è inimitabile e irripetibile.
Perché? Nessuno mai saprà rispondere. Fortunatamente la didattica
artistica, come l’arte, ha qualcosa di spiegabile e di apprendibile: la parte
tecnica, che potremmo dire grammaticale, la parte culturale,
rappresentata dalla storia dell’arte. Come afferma Klee “S’impara a
1
MARTINENGO, Letizia; BRIVIO, Francesca; FAGNANI, Laura. Novembre 2017, pag. 21
Simposio 6. Impatto delle tecnologie nelle culture locali dell’educazione, dello sviluppo
personale e sociale. Disponibile su
https://iris.unica.it/retrieve/handle/11584/227287/249989/2_3518_12572. pdf consultato il
16. 03 2022
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conoscere qualcosa dalla radice, s’impara la preistoria del visibile (…)
(Vedere in: DAL PRATO, 1981, p. 19).
Ma essere docente di materie artistiche in DAD, con diverse ore
di attività laboratoriali di tipo pratico-espressivo, ha evidenziato l’enorme
difficoltà di riuscire a ricreare quelle stesse condizioni necessarie
all’acquisizione di apprendimenti finalizzati, in uno spazio e in un tempo
virtuale ed illusorio. Il tentativo di coinvolgere le classi ad attività
pratiche, se pur a distanza, è risultato ancora più inattuabile visto che la
chiusura della scuola è avvenuta repentinamente e quasi tutti gli studenti
si sono ritrovati nelle loro abitazioni sprovvisti di materiali e strumenti
specifici che solitamente restano a scuola. Dovendo mantenere
comunque un legame che, coerentemente, potesse non interrompere il
processo educativo e formativo in atto, si è cercato di focalizzare
l’attenzione sulle potenzialità di questa nuova esperienza e non cedere
alle evidenti criticità cercando, quotidianamente, di offrire spunti di
analisi e di ricerca, stimolando riflessioni e produzioni, restituite anche e
con l’utilizzo del cellulare.
Oggetto di culto personale protesizzato in ogni adolescente,
diventato nel lockdown ancora di più, unica fonte di socializzazione, di
collegamento affettivo, collante per rinforzi empatici. Del cellulare si è
evidenziata la possibilità di scattare fotografie e di inviarle
istantaneamente e a costi praticamente nulli. Caratteristiche utilissime e
funzionali che hanno permesso di eliminare diversità, ristabilendo nel
contesto classe, pari opportunità di partecipazione all’azione formativa.
La fotografia istantanea, alla portata di tutti e continuamente, ha
stravolto violentemente la stessa natura dell’immagine fotografica.
Abusata sui social, impoverita nella sua stessa essenza narrativa, replicata
nei selfie, è stata la motivazione critica per riscoprire le potenzialità di
uno strumento compatto ma, tecnologicamente avanzato che nasce
come medium del linguaggio espressivo e come tale rivendica in pienezza
le regole trasmissive di una comunicazione visiva attenta e consapevole.
È risultato prioritario come primo intervento, un atto educativo
rispettoso della privacy, di uno strumento il cui utilizzo nei giovani è
spesso fuorviante:
Tra i giovani è ormai acclarata la selfie-mania. È questa una delle
evidenze di una ricerca condotta da Skuola.net, Università di Roma
‘Sapienza’ e Università Cattolica di Milano per conto della Polizia di
Stato intervistando 6.671 giovani tra gli 11 e i 25 anni. Il selfie è sempre
più caposaldo della propria identità per le nuove generazioni. La metà del
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campione ne scatta almeno 4 prima di pubblicarlo sui social, cosa che
avviene con frequenza almeno settimanale in 9 casi su 10. Il web è
letteralmente inondato di immagini che li ritraggono, raccontando molto
di sé, della propria identità e magari dei luoghi frequentati, con tutti i
rischi del caso. L’attrazione per il selfie alle volte è tale da spingere i
giovani a mettersi deliberatamente in una situazione di pericolo.
Il 35% dichiara di aver provato a farsi un autoscatto in condizioni
potenzialmente pericolose, prevalentemente alla guida del motorino o
della macchina. Come anche testimoniano i casi di cronaca con esiti letali,
a cimentarsi con queste pratiche sono prevalentemente i maschi, verso i
vent’anni, con un rendimento culturale o accademico o molto basso o
molto elevato.
Un selfie viene pubblicato su un qualunque social network
prevalentemente una volta a settimana (63%), mentre c accade una
volta al giorno nel14% dei casi e più volte al giorno nel 13% dei casi. A
conti fatti 1 su 4 ne posta almeno una volta al giorno,
mentre 9 su 10 almeno una volta a settimana.
Ovviamente il risultato deve essere il migliore possibile. Quindi la
metà dei soggetti intervistati ne scatta almeno 4 prima di procedere alla
pubblicazione di uno di essi. Anche perché se si posta un’immagine che
non riceve abbastanza «mi piace», il 31% si dichiara abbastanza/molto
propenso a cancellarlo, contro il 38% che non è per nulla propenso. Sono
abbastanza/molto propensi a cancellarlo i più giovani e quelli con un
basso rendimento scolastico.
Non è un gioco da ragazzi, ma quasi un lavoro da agenzia
pubblicitaria. Il 52% in media passa 10 minuti a modificare e a descrivere
(con commenti o didascalie) un selfie prima di pubblicarlo. Sono
prevalentemente le femmine e i più giovani (meno di 17 anni). Il 36% usa
spesso i filtri per i propri autoritratti. Che soddisfano globalmente
il53% del campione. Ci sono delle correlazioni anche con il contesto
familiare. A conferma del fatto che le famiglie rivestono un ruolo chiave
nell’educazione dei figli, sia negli ambiti tradizionali che nei nuovi ambiti
digitali. Ad esempio, c’è una certa prevalenza di soggetti provenienti da
famiglie con titolo di studio più modesto tra quelli più propensi al selfie
pericoloso (il cosiddetto “Daredevil selfie”). Al contrario i ragazzi che si
“limitano” a postare non più di un selfie a settimana sui social devono
fare i conti con genitori con elevato titolo di studio (IL MATTINO,
2019, s/p).
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Le cronache abbondano di episodi di cyber bullismo attuati
attraverso scatti che immessi in rete minano le vite di persone che
casualmente o consapevolmente cedono alla spettacolarizzazione di
momenti intimi e privati, o scatti che mostrano soggetti volutamente
denigrati e per questo mortificati. Ma non si percepisce il pericolo di una
amplificazione fuori controllo che pur esalta nella convinzione che
apparire ripaga più dell’essere. Segnali significativi che esortano
all’utilizzo consapevole delle fotografie istantanee provengono anche dal
mondo della pubblici dove un colosso come Huawei, produttore di
smartphone, dedica uno spot all’inconsapevolezza dello scatto veloce e
della successiva diffusione in rete. Lo spot dal taglio cinematografico
ruota su un personaggio fantastico “GNU GNU”:
Un ragazzino intento ad andare in bici si ferma in un bosco,
attirato dal rumore di qualcosa che si muove nell’erba alta. Trova un
animaletto mai visto prima, molto carino e simpatico, e decide di
fotografarlo con il suo Huawei. Di colpo si trova a fantasticare sul
futuro che lo aspetterà dopo la condivisione sui social: fama, successo,
views… fino a quando l’animaletto non sarà ridotto a una mera
attrazione da circo, imprigionato in una gabbia alla mercé dei visitatori.
A questo punto il ragazzo torna in sé e decide di eliminare la foto,
lasciando al piccolo extraterrestre la possibilità di continuare a vivere la
sua vita tranquillamente. A completare il messaggio lanciato dal brand,
una tagline semplice quanto incisiva: “It’s in your hand”, è nelle tue
mani. Il prodotto scompare il colosso cinese punta all'empatia. Pur non
essendo il primo spot del genere (ci ricordiamo, sempre in Italia, di un
espediente narrativo simile targato Wind), quello della Huawei è senza
dubbio un caso particolare che merita p di una riflessione. Partendo
dalla scelta delle immagini, in grado di stuzzicare gli immaginari di due
generazioni diverse (quella cresciuta con E.T. e quella che ha visto Lilo
& Stitch, di cui sono evidenti i riferimenti), si può notare come nel
concepire questo commercial si sia cercato in tutti i modi di creare un
forte legame di empatia con il pubblico prima di lanciare il messaggio.
Il prodotto, di fatto, scompare. Anzi, per un secondo rischia
addirittura di diventare lo strumento distruttivo della storia, quello che
porta all’esasperazione della condivisione, salvo poi riassumere una
dimensione neutrale, dando la possibilità al protagonista di eliminare la
fotografia appena scattata ed evitare, così, un finale tragico (BRAND
NEWS, 2018, s/p).
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Ma se il fine è quello di educare anche all’immagine, allora
bisogna soffermarsi sull’abilità del vedere.
Ma per imparare a vedere bisogna avere voglia di giocare e
divertirsi. La sfida, insomma, non è diventare tutti storici dell’arte che
è un tipo di specializzazione- ma diventare tutti p consapevoli di
come funzionano questi oggetti visibili che abbiamo intorno, che siano
dipinti, film o pubblicità. L’alternativa è non vedere niente. Ritrovarsi a
vivere in un mondo che non capiamo davvero e che finiamo di subire
(FALCINELLI, 2020, p. 474).
L’utilizzo della fotografia istantanea, trattata in un ambito
didattico, apre nuove possibilità espressive. Pertanto, l’esperienza da
proporre, partendo da una breve storia sulla nascita della fotografia e
come questa produsse interesse ed entusiasmo g dalla sua prima
presentazione ufficiale nel 1939 a Parigi presso l’Accademia delle
Scienze e quella delle Arti visive, è stata introdotta attraverso la
trasmissione di informazioni che restituiscono, al linguaggio fotografico,
la indiscussa valenza comunicativa. La diffusione della fotografia, come
medium espressivo, fu presto accolta dagli artisti che la inserirono nella
loro ricerca personale. La fotografia dadaista, per esempio, ci restituisce
tutta l’energia sperimentale di uno strumento, che se pur inizialmente ha
interrotto la prioritaria funzione sociale e storicamente consolidata
dell’artista che, proprio attraverso le sue opere, restituiva la realtà, è poi
riuscita ad accompagnare il processo di innovazione espressiva che,
partendo dalle avanguardie storiche non si è ancora fermato.
La prima grande rivoluzione si ebbe con lo sviluppo tecnologico
che permise la diffusione di macchine più maneggevoli e portatili come
le Leica nel 1925. A seguire la scoperta delle pellicole a colori del `36, la
diffusione delle Reflex negli anni `70, la scoperta delle fotografie
istantanee con le prime Polaroid e Kodak e infine la globalizzazione con
la fotografia digitale. È stato necessario specificare anche la valenza di un
linguaggio espressivo in relazione alle sue funzioni e tipologie indicate in
questa sequenza: fotografia naturalistica, fotografia di guerra,
fotogiornalismo, fotografia umanista.
Proprio sulla fotografia umanista, partendo dalla corrente
europea nata alla fine della seconda guerra mondiale, che come punto di
interesse aveva l’essere umano inserito in diversi contesti sociali di
appartenenza e attraverso la conoscenza di due dei fotografi più
rappresentativi di questa poetica espressiva come Henri Cartier
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Bresson (22 Agosto 1908 3 Agosto 2004) e Robert Doisneau (14
Aprile 1912 1 Aprile 1994) si è sviluppata l’esperienza programmata, la
cui finalità didattica prevalente è stata quella di restituire consapevolezza
del tempo e dello spazio vissuto anche in momenti di criticità. Perché
proprio la fotografia ci può restituire uno spazio di silenzio capace di
scavare lo stato d’animo, attuando un allontanamento, se pur
momentaneo dalle notizie incalzanti dei media che ci spaventano e
disorientano.
Il “rumore” dei media diventa una sorta di muro su cui viene
proiettato un film continuo, in cui si miscelano pubblicità e drammi
spaventosi, scandali e affermazioni politiche di nessun conto. (…) Ora
che la pittura ha cessato, in buona parte, di essere figurativa, l’esperienza
in cui si invertono i ruoli tra chi vede e chi è visto, diventa fondamentale
per quei fotografi che non si limitano a creare belle immagini di luoghi
silenziosi, ma hanno scelto di trasformare la visione in un’interrogazione,
in un percorso esperienziale (FOSCHI, 2016, p. 42).
La pratica del silenzio non è isolamento, al contrario è
promuovere l’ascolto interiore per ristabilire un contatto con se stessi,
nell’atto creativo stimola il ragionamento, la riflessione attraverso
l’emozione.
Partendo dall’analisi proposta nell’ambito della materia
d’insegnamento di Discipline Grafiche e Pittoriche del Liceo Artistico”
F. Muzi” dell’Aquila (IT) ad una classe quinta, durante la scuola in DAD,
individuiamo i punti di rilievo. Lo spunto narrativo nasce dalla poetica
della corrente metafisica.
Se il primo a parlare esplicitamente di “Pittura Metafisica” sarebbe
stato Carlo Carrà nel 1918, il termine “metafisica” venne utilizzato da De
Chirico nei suoi scritti giovanili, dove affermava che sognare una persona
era, per esempio, una «prova della sua esistenza metafisica»; ancora,
aveva attribuito una «realmetafisica» a «certi avvenimenti fortuiti che
talvolta viviamo» e che provocano in noi «l’immagine di un’opera d’arte»
(…)Il termine “metafisica”, applicato alla pittura, deve essere letto,
tuttavia, solo in senso letterale, come al di della fisica. Secondo De
Chirico, l’arte non doveva avere alcun legame con la realtà, poiché il suo
scopo non era rappresentare le cose così come sono, ma scoprire la via
primaria per mostrare il lato insolito e misterioso che si cela dietro
l’apparente banalità della vita quotidiana. «Perché un’opera d’arte sia
veramente immortale», scrisse De Chirico, «è necessario che esca
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completamente dai confini dell’umano: il buon senso e la logica la
danneggiano», annullano il senso di mistero che ognuno di noi
percepisce entro e oltre la visione reale.
L’artista metafisico si avvale pertanto di un linguaggio nuovo e a-
logico, crea costantemente un clima di magia silenziosa, priva di dramma
e di azione, e nelle sue opere ricerca il meraviglioso che affiora nel
quotidiano. L’enigma, il mistero, lo spaesamento sono i veri protagonisti
della sua pittura. Il repertorio figurativo della Metafisica costituisce,
insomma, un universo simbolico da interpretare, dove gli oggetti,
accostati in maniera insolita, sono la chiave per risolvere l’enigma (…) La
Metafisica si identifica con immagini legate alla sospensione del tempo, a
una realtà percepita nel silenzio e nell’immobilità (NIFOSI, 2021, s/p).
L’esperienza didattica ha stimolato l’analisi critica, l’osservazione e
la restituzione personale. Ha permesso di focalizzare la realtà e di
attraversarla, mettendo a nudo la sofferenza della malattia, della
solitudine, del totale cambiamento di vita. Generare la consapevolezza è
servito a contenere oscuri timori e ad allontanare spaesamenti socio-
affettivi. Le immagini che seguono sono state ideate e realizzate
attraverso l’uso del cellulare, L’elaborato richiesto ha previsto la totale
libertà espressiva compositiva e tematica. Questa fotografia da cellulare è
di Sara Picchioni, allieva del VA Sezione Arti Figurative, Liceo Artistico
F.Muzi, I.I.S. Bafile L’Aquila (IT), a.s. 2019-2020, realizzata durante il
lockdown per la pandemia da Covid 19, in didattica a distanza.
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“Lo scatto rappresenta la metafora della nostra realtà. L’individuo
per definizione -animale sociale- è costretto a rimanere dentro le mura di
casa. Un peluche che normalmente è all’interno di uno spazio privato,
viene portato fuori, all’aperto e abbandonato. La restituzione visiva
insolita, trasmette una sospensione di una realtà attraverso l’immobilità”.
(Sara Picchione a.s.2019-2020).
Indagando l’immagine fotografica a servizio di una campagna
pubblicitaria di tipo informativo, relativo alle nuove regole da adottare
per il distanziamento sociale causato dalla pandemia, un’altra allieva del
corso Aurora Rotellini, dello stesso gruppo classe, ricerca nella funzione
evocativa del linguaggio visivo l’esortazione.
“La mia proposta mette in evidenza come i bambini con la loro
fantasia, la creatività e il loro pensiero magico annullino la distanza, il
motto - io resto a casa e sogno - vuole essere un invito per gli adulti a
ritrovare la semplicità, la condivisione, la convivenza, a guardare i
bambini. Da questo punto di partenza arriveremo a grandi cose.”
(Aurora Rotellini a.s.2019-2020).
Lo scatto fotografico che segue parte da uno studio stilistico sulla
Natura Morta. Il genere che ha origine nel manierismo e nel barocco,
pone al centro della composizione l’oggetto mutandolo in soggetto
autonomo, protagonista della composizione. Ricco di simbologia e
metafore, questo genere restituisce indizi connotativi che solo in parte,
nell’immediatezza della fruizione, forniscono informazioni relative
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all’origine temporale e socio-culturale del contesto in cui è inserita. In
realtà la lettura di una Natura Morta attraversa diversi livelli interpretativi.
L’esperienza è stata proposta alla classe terza della sezione di Arti
Figurative del Liceo Artistico F.Muzi, I.I.S. Bafile L’Aquila (IT) a.s. 2019-
2020. La finalità è quella di restituire, attraverso lo scatto fotografico, la
composizione, ideata, ragionata e costruita, come metafora del vivere in
giorni di isolamento forzato. Gli oggetti diventano attori in una scena
che mette in mostra l’insieme di abitudini ricorrenti in un tempo dilatato
che scorre inesorabilmente nel reiterarsi delle azioni in uno spazio che è
proiezione del nostro essere.
Questa fotografia da cellulare è di Marta Graziani. Il titolo è
LUNCH.
“L’elaborato ha funzione principalmente simbolica e metaforica.
Gli oggetti usati fanno parte di ciò che definirei -il mio sostentamento-. Il
nutrimento quotidiano si identifica con una tavola da pranzo imbandita
con un unico coperto. Gli alimenti: la lettura, la musica, il disegno e la
pittura sono il mio cibo quotidiano che mi mantiene in vita. Il libro funge
da piatto, con le cuffie per la musica, poste sopra come se fossero
“spaghetti”. Le posate sono i pennelli e una matita. L’acqua che viene
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versata nel bicchiere, nell’elaborato si trova in un vasetto e invece di
essere limpida è colorata dalle tempere diluite. Tutta la composizione
poggia sul cartoncino del blocco da disegno. (Marta Graziani a.s. 2019-
2020).
CONCLUSIONI
Le esperienze presentate, se pur in sintesi, in linea con quanto
programmato all’interno del curricolo di studi, hanno permesso di
mantenere al centro del processo di apprendimento lo studente.
Evitando un disallineamento emotivo e un calo di interesse che avrebbe
allontanato e reso vano il processo formativo in atto. Collante indiscusso
è stato il valore intrinseco della comunicazione artistica che ha mostrato
come attraverso la creatività anche barriere e criticità possono essere
superate con la consapevolezza che l’approccio all’educazione visiva deve
necessariamente fornire contenuti, creare combinazioni, promuovere
ragionamenti per poter generare liberi pensieri. Perchè “L’arte (…) non
può affatto essere puramente intuitiva. Essa deve sempre anche essere
pensata: ed essa stessa pensa” (ADORNO, 1975, p. 143/p. 175).
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DATI BIOGRAFICI DELL’AUTORE
Donatella Giagnacovo. Si diploma presso l’Accademia di Belle Arti nel
corso di Decorazione e consegue il Diploma di Laurea di secondo livello
in Arti Visive e Discipline dello Spettacolo Decorazione - Beni Storico
Artistici. È Docente di Discipline Pittoriche presso il Liceo Artistico e
Docente di Laboratorio di Disegno e Didattica dell’Arte e dell’Immagine
presso il Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli
Studi dell’Aquila. È formatrice nell’ambito della didattica dell’arte, è
autrice di testi. Nella sua ricerca artistica è da sempre attenta alle
dinamiche sociali, registrando segnali emozionali di una quotidianità
condivisa, ritenuti collanti comunicativi. www.donatellagiagnacovo.com
UNIVERSIDAD
DEL ZULIA
Revista de Ciencias Humanas y Sociales
Año 38, Especial N° 30 (2022)
Esta revista fue editada en formato digital por el personal de la Oficina de
Publicaciones Científicas de la Facultad Experimental de Ciencias, Universidad del
Zulia. Maracaibo - Venezuela
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